La Olivetti a Pisa

I fisici del GE furono selezionati da Conversi, ma i due ingegneri da chi furono scelti?

Questa domanda serve a introdurre un nuovo, importantissimo protagonista di questa storia: la Olivetti. Negli anni ‘50 le calcolatrici meccaniche e le macchine per scrivere Olivetti stavano conoscendo un successo su scala mondiale, ottenendo riconoscimenti sia per la loro qualità che per il loro design (diverse sono le macchine Olivetti esposte al quarto piano del Museo di Arte Moderna di New York). Ma l'avvento dell'elettronica non poteva lasciare indifferente un uomo dal grande intuito quale era Adriano Olivetti (figlio di Samuel David Camillo Olivetti, fondatore nel 1908 della società “Ing. C. Olivetti e C., prima fabbrica nazionale di macchine per scrivere”), che in quegli anni era saldamente al comando dell'azienda. Egli fiutò nell'impresa pisana una occasione per specializzare ingegneri e tecnici alle sue dipendenze. In cambio avrebbe offerto all'Ateneo pisano non solo contributi economici, ma anche il supporto di persone da assumere a cura della propria azienda. Tra queste c'erano Giuseppe Cecchini, Sergio Sibani e Mario Tchou, assunto dall'azienda di Ivrea per il suo alto grado di preparazione nel campo dell'elettronica, ma soprattutto per le sue capacità manageriali.

Ma poteva bastare all'Olivetti di quei tempi prestare al progetto CEP qualche ingegnere? Ovviamente non bastò. Decisero infatti di istituire a Barbaricina, presso Pisa, il Laboratorio di Ricerche Elettroniche Olivetti, col compito di progettare una calcolatrice di tipo commerciale, quella che fu poi chiamata ELEA 9003. Le differenze sostanziali tra le calcolatrici scientifiche e commerciali riguardavano le elevate prestazioni dell'unità di calcolo e le flessibilità di programmazione delle calcolatrici scientifiche, rispetto alle calcolatrici commerciali, che davano invece priorità alle periferiche ed al loro controllo.

e a Pisa erano stati istituiti una scientifica e una commerciale.

Ricapitolando, eravamo nell'autunno del 1955, e nel giro di un anno, da sede dell'elettrosincrotrone nazionale, Pisa divenne sede di due centri per la costruzione di due calcolatrici elettroniche, capitale nevralgica della ricerca informatica universitaria e industriale e crocevia di giovani studiosi che furono tra i padri fondatori dell'informatica italiana. Purtroppo non ebbe una lunga vita il laboratorio elettronico dell'Olivetti e lasciamo alle amare parole di Franco Filippazzi, uno dei 13 ricercatori di Barbaricina, il compito di raccontare come finì quell'avventura. L'intervista a Filippazzi è tratta da una puntata di "La storia siamo noi" (RAIEducational-www.lastoriasiamonoi.rai.it) dedicata a Adriano Olivetti. Nelle immagini si può riconoscere anche la CEP.

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